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Social Media: i ragazzi rivelano le loro esperienze in una ricerca americana

Per scoprire cosa sta realmente accadendo nella vita dei ragazzi americani che usano i social media Common Sense, organizzazione no-profit e indipendente, ha intervistato più di 1.100 ragazzi tra 13 e 17 anni.

La ricerca pubblicata alcuni giorni fa offre spunti interessanti a genitori, insegnanti e formatori per capire ciò che accade ai giovani contemporanei.

Quello che sembra e quello che è reale

Leggendo il testo della ricerca emerge che quando si parla di social media i ragazzi sembrano fare alcune azioni, ma in realtà ne stanno facendo altre completamente diverse.

Un bambino di 9 anni annoiato potrebbe, per esempio, essere legato al suo nuovo BFF (best friend forever) su Snapchat.

Un giocatore incallito di 10 anni può lamentarsi quando si interrompe bruscamente la connessione a Internet, ma in realtà potrebbe sentirsi sollevato.

Una bambina di terza elementare un pò goffa potrebbe essere una seguitissima Youtuber.

I ragazzi e i Social Media

Lo studio aggiorna quello del 2012 aggiungendo informazioni che toccano le preoccupazioni dei genitori su problemi come cyberbullismo, depressione o la popolarità sui social.

Oggi, nel 2018, l’89% degli ragazzi dai 13 ai 17 anni ha il proprio smartphone, nel 2012 il valore era del 41%.

I giovani sono cresciuti con Instagram e Snapchat, fanno ricerche su Google Classroom, condividono poesie su Tumblr e sono più propensi a scrivere “Ti amo” prima ancora che riescano a dirlo di persona.

Le notizie sui suicidi, la dipendenza, il cyberbullismo e l’alterazione delle relazioni sociali portano molte persone a considerare i social media come una delle causa principali di questi problemi.

Il sondaggio prova a far luce su alcune di queste preoccupazioni e richiama l’attenzione sulle ragioni per cui alcuni adolescenti sono profondamente influenzati dai loro mondi digitali.

I principali risultati del rapporto

Dal 2012 al 2018 i ragazzi americani hanno modificato la loro preferenza per la comunicazione fai persona: si è passati dal 49% al 32%.

Il 70% degli adolescenti utilizza i social media più di una volta al giorno contro al 34% nel 2012.

Il 57% è d’accordo che i social media li distraggono quando dovrebbero fare i compiti.

Il 54% è d’accordo che i social media li distraggono quando invece dovrebbero prestare attenzione alle persone che gli stanno intorno (nel 2012 erano il 44%).

Il 29% dei ragazzi che possiedono uno smartphone sostengono di essere stati svegliati durante la notte da una chiamata o da una notifica.

Il 42% è d’accordo che i social media hanno sotratto tempo che potevano dedicare ad altre persone (nel 2012 era il 34%).

Solo pochissimi adolescenti ammettono che l’uso dei social media ha un effetto negativo su di se.

Il 25% afferma che i social media li fanno sentire meno soli mentre il 3% sostiene il contrario.

Il 18% dice che li fa sentire meglio con se stessi e solo il 4% sostiene il contrario. 

Il 16% afferma di sentirsi meno depressi e il 3% dice invece di sentirsi più depressi.

Nel 2012 Facebook ha dominato l’uso dei social network tra gli adolescenti, mentre oggi solo il 15% afferma che è il proprio social principale.

Una sedicenne interrogata in un focus group ha risposto che Facebook lo usano i suoi nonni.

Social media come riferimento principale

I social media sono il mezzo di comunicazione principale, ricco di complessità e sfumature, ormai intrecciato al tessuto sociale della vita degli adolescenti provenienti da tutti i ceti sociali.

Risultano fondamentali per “parlare” con gli amici, organizzare il tempo libero, leggere notizie, rimanere in contatto con i parenti.

Ma anche per organizzarsi politicamente, seguire le mode, condividere interessi e momenti salienti della vita e persino per esprimere la propria creatività.

I giovani che vivono in una condizione sociale modesta, rispetto ai loro coetanei, sono più propensi a dire che sono tristi, depressi e soli o che si sentono rifiutati dai ragazzi della loro età.


Conclusioni

La cosa più importante che emerge da questa indagine è che il rapporto degli adolescenti con i social media non è uniforme o monodimensionale.

I molti casi li aiutando a sentirsi meno soli, più sicuri e più “connessi” con il mondo che li circonda.

Capiscono che aziende tecnologiche li manipolano per spendere più tempo sui loro dispositivi, ma non sempre sono in grado di resistere.

Quest’ultimo dato è particolarmente preoccupante quando si tratta di ragazzi che non riescono a dormire o che si mettono alla guida.

Ma gli adolescenti sono manipolati anche quando non sanno di essere monitorati nelle loro interazioni online. Per questo servono competenze di cittadinanza digitale che solo formatori ed insegnati preparati, adeguatamente supportati dai genitori possono far fronte.

Tutto questo a patto di essere sostenuti, conclude il rapporto, da politiche pubbliche adeguate.


Scarica la ricerca completa (solo in inglese)

 

Enrico Alletto

Lavoro in una multinazionale delle telecomunicazioni. Negli anni ho progettato e coordinato diverse iniziative pro bono con associazioni e pubbliche amministrazioni sui temi della cittadinanza e dell’inclusione digitale. Ho contribuito ai tavoli dell’open government italiano su temi come partecipazione, open data e cittadinanza digitale. Credo nel lavoro di squadra e faccio il tifo per una scuola e una pubblica amministrazione più moderna e vicina ai cittadini! Non mi piacciono i toni aspri e le conversazioni online che non rispettano l’interlocutore.

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